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Giacomo Agostinetti

È lo stesso Giacomo Agostinetti, nel primo capitolo (Ricordo I) della sua opera a tracciare un sintetico resoconto della sua vita. Scrive infatti “nacqui l’anno di nostra salute 1597, che fu in Villa de Cimadolmo Territorio di Oderzo”. E poi precisa: “Havendo io, Giacomo Agostinetti, servito per Fattore quarantacinque anni, trà quali quindici in Venetia, dieci in Verona, il rimanente in terra ferma in diverse Ville del Trivisano, Padoano, e Friuli , et essendo nato Fattore, mentre mio Padre servì per Fattore anni ventisette continui in sol Padrone, et a mè in vinti anni è convenuto mutar una dozena de Padroni, hò provato, visto, et osservato, molte usanze, riti, e costumi, e in particolar nella mia professione, che hà per iscopo principale l’ubbidire, e comandare con il singolar fondamento di lodevole Agricoltura, con appresso molti numerosi particolari, che ad’un buon Fattor di Villa si ricercano…”.

Figlio dunque di un “Fattor di Villa”, Giacomo ne segue le orme, ma, a differenza del padre, cambia volentieri i proprietari terrieri con cui lavorare e ciò, come afferma, gli ha permesso di vedere e conoscere numerose situazioni tra loro diverse, i tanti prodotti coltivati nella campagna veneta e friulana e i vari modi di coltivarli e, quindi, farsi delle opinioni ben precise su come convenisse operare per far fruttare al meglio il lavoro dei campi.

Conclusa la professione, più che ottantenne, si ritirò nella sua casa di Cimadolmo per raccogliere in modo organico le sue esperienze e convinzioni, servendosi probabilmente dagli appunti scritti nel corso dei suoi quarantacinque anni di attività, ordinandoli in un manuale che intitolò “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa”, pubblicato la prima volta a Venezia 1679, . Il trattato ebbe poi altre sette edizioni, nel 1680. 1691, 1692, 1703, 1704, 1717 e 1749. 

L’opera di Giacomo Agostinetti è rimasto una pietra miliare nella storia dell’agricoltura, non solo veneta, poiché presenta in modo preciso e dettagliato la situazione dell’agricoltura e delle produzioni agrarie sul finire del XVII secolo. L’Agostinetti la definisce opera “morale & economica", ed è ancor oggi molto interessante per la storia della tecnica agraria nel Seicento. Nei suoi “Cento e dieci ricordi” egli intende illustrare l'eccellenza e, allo stesso tempo la grandissima “dilettatione et vaghezza" dell'arte del coltivare la terra e dell'amministrare i suoi frutti. Merita anche ricordare che Agostinetti fu il primo a parlare in Italia della coltura del mais grazie alla sua diretta esperienza: da ciò la notevole ampiezza ed esattezza delle sue avvertenze al riguardo (Ricordi, XC-XCI), ben rilevate dal Messedaglia. 

Dopo le edizioni prima ricordate, ce ne sono state altre negli ultimi tempi, a confermare l’importanza del lavoro di Agostinetti per la storia dell’agricoltura. Di lui, oltre a quanto scrive nella sua opera, si sa ben poco, solo che ha concluso la sua vita terrena in Cimadolmo nel 1682, all’età di 85 anni.